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Da Swindon alla stratosfera: l'odissea pop degli XTC

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di Elio Bussolino - Rockerilla n. 104 - Aprile 1989

 

Binomi, analogie, confronti

  Il campionario è infinito, come del resto una carriera che dura da almeno una dozzina d'anni lascia facilmente supporre: Partridge & Moulding, "Generals & Majors", "Drums & Wires", "Ball & Chaìn" e così via fino a "Oranges and Lemons".

  Che il numero perfetto nel pop di nobile lignaggio sia dunque il due? Anche a quest'ultimo riguardo gli esempi non si contano, ma l'accostamento più insistente dei due titolari della ditta XTC - a proposito, dati i tempi converrà subito ribadire che la sua specialità non sono pillole per acid parties ma zuccherine pasticche diatoniche... - alla celebrata coppia Lennon-McCartney non è affatto un capriccio cabalistico.

  Già: neppure i cercatori d'oro del Klonkike erano tanto esposti agli abbagli quanto i critici musicali! Quanti legittimi eredi dei Beatles, degli Stones, di Bob Dylan e dei Byrds hanno fatto la loro fugace ed effimera comparsa alla ribalta dei commenti della carta stampata in questi ultimi quindici anni?

  Mai però, come nel caso di Andy Partridge e Colin Moulding, il luccichio percepito dalla critica è risultato provenire da autentico e pregiato metallo e non già da dozzinale pirite. Le quantità, si capisce, sono infinitamente più modeste di quelle che forgiavano i due di Liverpool lungo "i dieci anni che sconvolsero la musica", ma quelli erano altri tempi e molto, quasi tutto, era ancora da inventare.

  Se evidenti ed innegabili appaiono sul piano formale le analogie fra il gruppo di Swindon ed i Beatles, un altro fatto ancora dà consistenza alla liaison che li unisce idealmente: la rinuncia precoce alle esibizioni dal vivo. Pur maturata attraverso circostanze diverse, quella decisione ha significato per entrambe le formazioni il rinnegamento della pretesa complementarietà del momento artistico-creativo e di quello spettacolare, concedendo al primo rilievo e pregnanza superiori.

  Gli effetti di tale scelta non sempre vanno esenti dal pericolo di dare origine ad una musica per molti versi artificiale, autoindulgente ed estetizzante in maniera esasperata, qualcosa di molto prossimo a certe realizzazioni di un'altra celebre coppia di alchimisti dei suoni com'è quella formata da Donald Fagen e Walter Becker, ma gli XTC danno sempre l'impressione di vigilare con maggiore attenzione degli Steely Dan affinchè le cure alle quali sono sottoposti i suoni dei loro dischi non abbiano il sopravvento sulle idee.
 

Lavori. capolavori e burle colorate

  Molti i primi, un po' meno - beninteso - i secondi, riuscitissime le terze. Ripercorrere il tutto in sintetica e rapida carrellata è un po' come riassumere una buona parte delle migliori espressioni pop degli ultimi dieci anni.

  "This Is Pop", nella sua succinta enunciazione, potrebbe essere assunto a titolo del manifesto programmatico della formazione inglese. Era il 1978 quando quella brillante canzoncina sembrava incaricarsi di fornire in poche briose battute la principale chiave di lettura delle frenetiche e bizzarre - vedi la versione di "All Along the Watchtower" - partiture di 'musica bianca' con le quali il quartetto inaugurava la propria discografia a 33 giri.

  "White Music" manteneva in pieno le promesse di un EP uscito qualche tempo prima con in testa alle selezioni le robotiche e divertenti cadenze di "Science Friction", un brano che a dir poco 'stonava' nel generale scenario punk dell'epoca.

  L'apprendistato pop di Andy Partridge e compagni si completa nello stesso anno fra le austere e nello stesso tempo ironiche righe che istoriano la copertina di "GO 2", l'album forse più confuso ed impervio dell'intera loro produzione. Succede così che il titolo che si ricorda di più di quel periodo del gruppo non è incluso nelle tracce della raccolta: "Are You Receiving Me?" esce infatti come singolo e, a differenza dell'ellepì, dà tutta l'impressione di non risentire delle tensioni esistenti all'interno del quartetto, riproponendo anzi le agili e spensierate peripezie musicali che avevano contrassegnato i momenti migliori del precedente lavoro.

  La separazione dal tastierista Barry Andrews conclude il conflitto che lo opponeva al resto della formazione e prelude all'uscita del primo grande disco degli XTC, quel "Drums and Wires" per il quale il bassista Colin Moulding compone due dei più memorabili episodi della storia del gruppo e del pop britannico di questo decennio: "Life Begins At the Hop" e "Making Plans Por Nigel". Paragonate alla vivace, immediata comunicativa di quei due titoli, persino le ottime canzoni del più fecondo Partridge passano in secondo piano e l'ingresso di un secondo chitarrista (Dave Gregory) - che pure contribuisce in maniera decisa a modificare gli equilibri sonori del gruppo - non ottiene altro che lo spazio per un'annotazione marginale.

  E' ancora la mano 'calda' di Moulding a realizzare il successivo centro, stendendo sul pentagramma le note impertinenti di una marcetta che, a dispetto del titolo, suona assai poco marziale. "Generals & Majors" non sono gli unici graduati a guidare la spedizione del gruppo nel... Mar Nero, poiché una parte tutt'altro che trascurabile è affidata al più umile "Sergente Rock", tuttavia è proprio quella canzone a spianare la strada all'ascolto di "Black Sea" , un disco che soffre soltanto del fatto di venire dopo una raccolta perfetta come "Drums and Wires", un 'difetto' avvertito con grande prontezza e sensibilità dagli XTC che per un paio d'anni sospendono ogni ulteriore uscita discografica.

  La rentrée dell'82 colma ampiamente il lungo periodo di silenzio: il nuovo album, infatti, è addirittura doppio, ma non è certo il dato quantitativo a fare di "English Settlement" un'altra pietra miliare nell'ormai ponderosa produzione del gruppo di Swindon, perchè più del numero delle canzoni là raccolte impressiona la capacità degli autori di reperire temi espressivi ed energie sufficienti a rilanciare le quotazioni di un marchio sul quale si erano persino addensate le ombre di uno scioglimento. Varii ed assortiti - si è appena detto - gli argomenti di "English Settlement" e nuovamente grande e ludica la versatilità del quartetto nell'affrontarli con inusitato fairplay, giocando più sul colore che sulla altezza delle note, indugiando più che altrove su suggestioni esotiche ("It's Nearly Africa" e "English Roundabout"), divertendosi a ricombinare segmenti sparsi di canzone ("Senses Working Overtime") e concedendosi pure qualche attimo di malinconia ("All of a Sudden").

  Dopo questa prima doppia fatica, per gli XTC è tempo di dare uno sguardo alloro passato e di organizzarlo su una compilazione ("Waxworks/Beeswax") che andrà a beneficio dei fans che al gruppo si erano avvicinati senza piegarsi alle 'forche caudine' del grappolo di singoli fino a quel momento pubblicati. Più tiepide le reazioni che vengono generalmente riservate a "Mummer" poco più di un anno dopo.

  Con un nuovo batterista (questo ruolo diventa proprio da allora 'provvisorio') ed un altro cospicuo pacchetto di canzoni indimenticabili, il sesto album degli XTC risulta senz'altro meno imponente del precedente, ma anche più seducente e raffinato nelle beatlesiane "Ladybird" e "Wonderland", più bislacco e movimentato in "Funk Pop a Roll", più disposto a gradevoli pastiches elettronici in "Deliver Us from Elements".

  Come una squadra che vince sempre, anche i talentuosi Partridge e Moulding cominciano a venire in uggia... La ruota di locomotiva che sul finire dell'84 porta "The Big Express" a girare sui nostri piatti è l'ennesima trovata di un gruppo che non sa proprio accontentarsi di scrivere, arrangiare ed incidere canzoni quasi sempre al di sopra della media della 'concorrenza'. Spiritosamente calati nei ruvidi e anneriti panni di ferrovieri - così infatti posano per la foto di copertina -, gli XTC alimentano con le consuete ed abbondanti dosi di musica frizzante, stravagante, intelligente la motrice di quel 'convoglio' di titoli, alcuni dei quali ("All You Pretty Girls", "The Everydays Story of Smalltown", "Wake Up") vanno a collocarsi nell'ideale antologia della loro migliore produzione.

  Alle ore 25,00 (!) del 1° aprile 1985 il mondo neo e veteropsichedelico assiste stupito all'improvvisa apparizione di Sir John Johns, The Red Curtain, Lord Cornelius Plum e E.I.E.I. Owen: i Duchi della Stratosfera. Come intendere quell'ironico e divertito viaggio dei sedicenti Duchi a ritroso nel tempo? Come divertimento, per l'appunto, ma anche come esempio di come si possa lavorare sul patrimonio della psichedelia del passato con un po' di spirito critico.

  Quel gioco però è così coinvolgente che gli stessi XTC stentano ad uscirne anche dopo aver riposto in naftalina i loro paludamenti da cavalieri astrali. Questo almeno sembra suggerire lo stupendo prologo al successivo capitolo a 33 giri del gruppo, un singolo ambiguo nel titolo quanto nell'inebriante melodia che lo attraversa tutto: "Grass".

  "Skylarking" è il prezioso interludio fra le due avventure dei Duchi. Prodotto da Todd Rundgren, l'ottavo LP di Partridge & Co. non cede un palmo al gusto americano e conserva gelosamente spirito, atmosfere e humour britannici. Se non è un capolavoro, poco ci manca: il tempo sembra non far altro che bene a quelle canzoni intitolate alla burla, alla presa in giro. Eta Beta, il bizzarro extraterrestre disneyano, è il personaggio che ha sillabato il titolo del secondo lavoro dei Dukes of Stratosphear: "Psonic Psunspot". Il ritorno di Sir John Johns e compagni -  dovrebbe anche essere l'ultimo, secondo recenti dichiarazioni dello stesso 'nobiluomo' - amplia e completa il catalogo delle citazioni d'obbligo per i gruppi che hanno contato qualcosa nel passato degli XTC e, manco a dirlo, il posto d'onore in questa rutilante parata è ancora riservato a loro: i Beatles.

  Che altro aggiungere alla fresca chiosa di "Oranges and Lemons"? Questa seconda doppia raccolta nella storia discografica del gruppo non poteva che prestarsi ad un duplice scopo: riassumere le idee e le soluzioni formali escogitate e disseminate lungo tutto questo decennio e, nel contempo, abbozzarne altre per il prossimo.

  Sempre che i tre 'signorotti' di Swindon non diano corso a chissà quali altri eccentrici e balzani progetti. Ne sarebbero capacissimi...

DISCOGRAFIA L.P.

"White Music" (Virgin, 1978)
"Go 2" (Virgin, 1978)
"Drums and Wires" (Virgin, 1979)
"Black Sea" (Virgin, 1980)
"English Settlement" (Virgin, 1982)
"Waxworks & Beeswax" (Virgin, 1982)
"Mummer" (Virgin, 1983)
"The Big Express" CVirgin, 1984)
"Skylarking" CVirgin, 1986)
"Oranges & Lemons" (Virgin, 1989)

 

 

 

 

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