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COLIN MOULDING - INTERVISTA

From Bass Player Magazine
April 1999

Intervista di Pete Murray

Traduzione e adattamento di Roberto Galli

 

C’è stata una grossa evoluzione nel tuo modo di suonare, dall’approccio punkeggiante dei primi dischi ad un suono più caldo e fluente degli ultimi.

Penso solo di aver imparato a suonare meglio. Nei vecchi dischi c’è troppa materia, soprattutto da parte mia. Adesso suono meno di quanto facessi qualche anno fa, e ancora non mi sembra ci sia abbastanza vuoto. Sembra solo che sia piazzato meglio – questo è il segreto. Quando avevo circa 22 anni tutto quello che volevo era essere sentito, ma non puoi farlo suonando di meno. Suonando troppo su una canzone di un altro non fai altro che pasticciarci sopra. Devi auto disciplinare il modo di suonare, cosa che non ho fatto fintanto che suonavamo dal vivo.

Hai qualche esempio da farmi?

I primi quattro dischi!

Hai qualche modello di riferimento per il tuo modo di suonare il basso?

Il bassista dei Free, Andy Fraser, suonava le cose più grezze, e questo probabilmente è ciò che mi ha spinto ad andare in giro a suonare. Al basso devi essere più grezzo di qualsiasi altro, dato che si suppone tu sia in seconda fila – e quello che fai diventa importante ed è come “oh, e da dove arriva questo!”. Poi ritratti la tua posizione iniziale. Continuo a credere che la parte di basso di “All Right Now” sia la migliore mai utilizzata. Non suona mai nei versi, ma solo nei ritornelli e un poco nel middle eight, e a quei tempi per me fu una rivelazione.

Quale delle tue parti di basso ritieni la migliore?

Non sono in grado di decidere quale sia la migliore. E’ molto più simpatico dire che ho dato del mio meglio su ogni canzone. In qualche canzone posso essere stato meno personale che in altre, ma se funziona significa che va bene lo stesso perché ho fatto quello che era necessario.

Stai migliorando in questo?

Mi piace pensarlo. E’ stato terribilmente difficile all’inizio, e probabilmente suonare tanti concerti ha peggiorato la situazione! E’ stato così dagli inizi fino alla metà degli anni 80, prima di riuscire a combinare qualcosa di buono.

Come lavorate tu ed Andy alle canzoni scritte da lui?

Sulle sue demo lui suona il basso. A volte il basso non c’è, in questo caso lui mi chiama per trovare qualcosa. A volte c’è una mezza idea e come il basso dovrebbe essere, e allora le parti difficili le lascia vuote. Ma se propone qualcosa che pensa sia parte integrale del brano, ovviamente io lo suono. E’ piacevole trovare una buna parte per la canzone di un altro, ma non essenziale. Con un buon arrangiamento è possibile migliorare una canzone – ma alla gente interessa la canzone. Deve piacergli la canzone; non deve piacergli il basso. Voglio dire, è una cosa da musicisti, davvero, prestare attenzione al basso e a roba del genere.

Da autodidatta ti sei mai pentito di non aver mai studiato formalmente, così da poter scrivere per esempio gli arrangiamenti degli archi?

Sarebbe bello poterlo fare. Sono parecchio soddisfatto del mio arrangiamento di ottoni per “Frivolous Tonight”, anche se l’ho composto assieme a Dave Gregory. Io cantavo le note, lui le riproduceva sul piano e poi le trascriveva.         

Conosci i nomi degli accordi delle canzoni che componi?

No. Io credo che non sia necessario conoscere i nomi degli accordi in cui si cala la melodia. Ma è necessario avere orecchio. Comunque la roba migliore scaturisce dall’istinto. Dimenticati della parte tecnica; è solo quello che provi in quel momento. Ciò nonostante mi piacerebbe poter leggere la musica – mi aiuterebbe molto a convogliare le idee ad altri.

Qual è il tuo approccio di lavoro in studio con i batteristi?

Sono sempre l’ultimo a suonare. Noi mettiamo tutto insieme, e dopo registro il mio – così che il mio lavoro non sia la parte essenziale. Quando gli altri hanno concluso il loro lavoro, io mi porto a casa il nastro e ci metto su il mio. Sicuramente mi piace preparare il basso per ultimo, quando conosco tutti gli altri elementi. Puoi realmente migliorare la tua parte.

Che reputazione hai di te stesso come bassista?

Tecnicamente penso di essere terribile. La tecnologia mi ha aiutato molto. Sai, inseriamo cose qui e là e dappertutto, sezioni qualcosa e lo inserisci dove vuoi. E diventa un tutt'uno. La tavolozza è cresciuta molto adesso; puoi fare quel tipo di cose così da poterti esprimere molto meglio. Se lo fai in tre o quattro volte! OK, se inizi a registrare una parte per giorni, alla fine la cosa diventa noiosa, e puoi perdere l’impeto. La cosa importante è mantenerne lo spirito, perché una volta interrotto lo spirito non c’è modo di rendere bene una canzone.

Hai un approccio particolare per preparare le parti di basso?

Mi piace prendere le mie demo o quelle di Andy, riversarle su due tracce del mio Portastudio, e suonare sopra le restanti due tracce. Aiuta moltissimo poterle riascoltare intere, come canzoni.

Quanto sei conscio dello sviluppo di questo processo? Pensi, OK, abbiamo una sezione di basso impegnativa nei primi versi, quindi nel bridge dovremmo alleggerirlo un po’….

Sì, una cosa del genere. Critico me stesso e semplifico la parte. Catturarne l’essenza, togliendo solo una o due note. Cos’è quello che rimane? Quello che rimane sarà la parte migliore. E continui a riascoltarlo per vedere cosa preferisci. Senza ascoltarlo tecnicamente, ma dal punto di vista emotivo.

Tu parli di metterci la minor quantità possibile, mentre molti musicisti vorrebbero sempre  suonare otto note per battuta, perché suonare di meno significa contribuire meno.

E’ una sensazione. Se la canzone richiede otto note per battuta, allora è quello che ci vuole. Devi guardare la canzone per quello che è e dire “Questa parte è più interessante, ma rende davvero giustizia alla canzone? Forse potrei fare qualcosa di più interessante nel secondo verso – ma nel primo questo è quello di cui il brano ha bisogno.”

La musica degli XTC è cambiata molto dopo che nel 1982 avete smesso di suonare dal vivo.

Quando smetti di suonare dal vivo la tua tavolozza si amplia, dato che non devi più preoccuparti di riprodurre ogni cosa in concerto. In studio possiamo fare quello che vogliamo, possiamo essere indulgenti con noi stessi molto di più – e allo stesso tempo ne sono spaventato. Ora siamo dei quarantenni, e la prospettiva di tornare sul palco per saltare su e giù mi sembra poco dignitosa.

Ti da più opportunità l’aumentata sofisticazione armonica della tua musica?

Effettivamente penso che me ne dia di meno. Normalmente, più sono complicati gli accordi, più è richiesta una maggiore ancora da parte del basso. In questi casi non si guarda al lato melodico della canzone, ma a quello ritmico. Per esempio, in qualcosa tipo “That Wave” dove ci sono degli accordi pazzeschi e dissonanti, probabilmente penserei, “OK, questo lo dobbiamo stabilizzare”. Così si cercano gli accenti giusti da suonare che rendano il giro più interessante. Che tu ci creda o no si possono fare un sacco di cose con le ottave e le quinte.

Tu sembri avere la quintessenza della personalità del bassista: maturo, riservato, stabile e pragmatico.

Sono uno dei “Ragazzi della stanza accanto” – ed è quello che mi piace fare. Se scrivi una canzone e la canti, devi uscire per farla sentire, ma mi sono sempre sentito fuori posto. Mi piace essere uno dei ragazzi della stanza accanto.

Sei bassista in parte a causa della tua personalità?

Credo di sì. E’ molto più gratificante alzare la testa da dietro la gente e dire “sono qui”, sia dal punto di vista caratteriale che musicale. Se in un’intervista, dopo non aver detto niente per due ore, alzi la testa e dici qualcosa, la gente ti ascolta. Se parli tutto il tempo la gente si tappa le orecchie!

Ora che hai la tua casa discografica non c’è più nessuna macchina commerciale che ti prepara per le masse. Stai risolvendo lo status quo in termini di popolarità?

No, vogliamo essere popolari e vendere dischi – per raggiungere più gente possibile. Ma a proposito della nostra musica, non è che la abbiamo sotto controllo. Assorbiamo influenze, e le canzoni che componiamo sono fuori dal nostro controllo. Non è uno sforzo consapevole, è dove ti portano gli occhi della mente. Se non è commerciale e non si colloca nello schema delle cose attuali le nostre vendite saranno minime. Se succede, fantastico. Ma noi non vogliamo giocare ad essere delle pop star. E’ già abbastanza bello comporre canzoni e lavorare in studio, e quando qualcuno non ci vorrà dare i soldi per farlo, li prenderemo in prestito da qualche altra parte.

Sfortunatamente la buona musica non si vende da sola.

Beh, non c’è giustizia per i precursori. Ma non c’è bisogno di questo per tirare avanti. Invecchiando diventa sempre più importante fare la musica che ami davvero e che ti piace. Io vorrei vendere dischi, perché dobbiamo pagare i conti e tutto il resto. Ma è molto importante che piaccia a noi stessi. Se componi per gli altri ti farai solo del male, non raggiungerai il successo che pensi di meritare. Se ti piace quello che fai, e la critica ne parla male avrai comunque ottenuto qualcosa. Io penso che Apple Venus sia un gran bel disco, e prima o poi qualcuno da qualche parte lo ascolterà e lo apprezzerà. Questa è l’unica cosa in cui speriamo.

 

 

 

 

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